giovedì 13 febbraio 2020

I fratelli Karamazov

Salve gente! Qui Michela.
C'è qualcuno tra voi che ha paura della letteratura russa? Fa bene ad averne. 
Tanti nomi lunghi, difficili, una cultura diversa, freddo e nulla, povertà, tisi, chi, piangendo, si butta alle ginocchia di qualcuno.




Se riuscite a capire questo disagio, possiamo parlare del romanzo di oggi: un malloppone da 800 pagine in piccolo (circa, nella mia edizione Mondadori nera) del romanziere russo per eccellenza (sì, sì, so che ce ne sono tanti altri, ma per me la letteratura russa è lui) Dostoevskij, I fratelli Karamazov.
Diciamo subito che mi riesce difficile recensire un classico di questa portata, quindi non avrete una recensione. Come se poi un romanzo del genere avesse bisogno della recensione di qualcuno. Diciamo che ve ne parlo giusto per ricordarvi di leggerlo, nel caso non l'aveste ancora fatto.

Ho già letto Dostoevskij ed ho potuto apprezzare la sensibilità con cui va ad indagare l'animo umano, le passioni violente e la sofferenza delle scelte dei suoi personaggi e qui ha racchiuso tutti gli elementi che dovrebbero esserci in ogni storia che si rispetti.
La trama non è troppo intricata e i personaggi non sono troppi: è quindi facile seguire il filo della narrazione, nonostante le lunghe e splendide digressioni sul tema religioso.

I protagonisti sono i componenti della famiglia Karamazov, padre e tre figli maschi, e la tragedia familiare che si abbatterà su di loro. Il maggiore, Dmitrij, sarà accusato dell'omicidio del loro stravagante e menefreghista padre e ciò porterà loro, i conoscenti e i curiosi della città accorsi per il processo a domandarsi sulla sua colpevolezza e sul rapporto padre-figlio.

Dmitrij testardo, attaccabrighe, passionale, geloso e schietto è senza dubbio quello che mi ha colpita di più e che ho sentito di capire meglio.
"Io vago e non so se sono precipitato nel fetore e nella vergogna o nella luce e nella gioia. Ecco dov'è la sventura poiché tutto nel mondo è un mistero! E quando mi avveniva di sprofondare nella più sordida depravazione [...] leggevo allora questi versi su Cerere. Riuscivano forse a redimermi? Mai! Perché io sono un Karamazov. Perché, se precipito in un abisso, è a capofitto, con la testa in giù e i piedi in su, e sono anzi contento di esservi caduto in modo così degradante: lo considero bello. E proprio quando sono al fondo della vergogna, innalzo allora un inno. Che sia pure maledetto, vile, meschino purché possa baciare anch'io l'orlo della tunica in cui si avvolge il mio Dio."

Ivan, il secondogenito, è quello che ha contribuito di più alla parte filosofica della storia: il suo racconto "il grande inquisitore" e il suo discorso con il diavolo quando la malattia ha cominciato ad impossessarsi delle sue facoltà li ho trovati geniali.
"...e alla fine non potranno che deporre la loro libertà ai nostri piedi e ci diranno 'rendeteci pure schiavi, ma sfamateci!'".

Alesa è il più giovane dei tre, quello che Dostoevskij stesso ha chiamato "il mio protagonista". Un ragazzo giovane e buono che sceglie di vivere in monastero per seguire lo starets Zosima, suo maestro di vita. Sarà lui ad aiutare i fratelli nei loro momenti di difficoltà, anche se l'autore in alcuni momenti lo allontana dalla storia per mostrarci il suo comportamento tra la gente e in particolare tra i bambini. Forse mi aspettavo qualcosa di più da lui, che rimane un po' troppo tranquillo e neutrale, a dispetto della parte iniziale dove mostra anche lui una tendenza karamazoviana alla rabbia e alla vergogna per l'atteggiamento del padre.

Nel complesso un'opera che mi sento assolutamente di consigliare, che scorre senza far pesare i lunghi monologhi di alcuni personaggi; un romanzo che è introspezione, filosofia, giallo (perché no), amore, religione e soprattutto un grande esempio di dimostrazione dell'anima russa.
Qualcuno ha detto di averlo abbandonato. Ma come si può?

Diciamo che mi ero riproposta di non parlare di singoli romanzi, ma la fantasia scarseggia, quindi.
Facciamo che se non avete mai letto Dostoevskij vi sconsiglio di partire dai Karamazov. Personalmente ho cominciato ad avvicinarmi all'autore con il racconto Le notti bianche, che è molto breve e rappresentativo, abbastanza per capire se è il caso di prendere i suoi romanzi più noti. Se vi convince quello, il passo per Delitto e castigo, L'idiota o I fratelli Karamazov è breve.

Alla prossima!

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